Claudio

(primo capitolo del romanzo Asperger)

Sto guidando, ho messo il navigatore, ma per Roma non serve. Che ne sa il satellite dei sensi unici che cambiano sempre e di quelli che prendo all’incontrario, così salto il traffico di mezzo quartiere? Guardo la cartina di Tuttocittà: è meglio. L’ho messa sul volante, con
un occhio guardo dritto, con un altro la cartina. Dovrebbe funzionare. Eccoci: via delle Agavi, giro a destra, via del Caporotto – che razza di nome – numero 24. Non ci posso credere: c’è un passo carrabile, si entra dentro con la macchina. Un grande parcheggio, c’è
anche un posto. Facile, questo ambulatorio. Palazzina stile liberty, tre piani. Sulla targa c’è scritto: Unità neuroriabilitativa per lo sviluppo infantile, Centro di igiene mentale, Ambulatorio psichiatrico, Centro diurno. C’è anche una freccia che indica una
strada verso destra con scritto: orto biologico. E un’altra: palestra, piscina. Quanta roba! Mi trascino dentro Luca. Non ha detto una parola finora durante il tragitto. In realtà non ha detto una parola da
quando si è alzato stamattina. Veramente non ha mai parlato. Sono sei anni che mi guarda muto. Neanche con la mamma parla.

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