(Castelvecchi, Roma, 2022)

Una famiglia: Maria e Giacomo, la loro amica Teresa, la strana storia della mamma di Maria, don Franco e i suoi amici. Una profonda sofferenza segna l’infanzia di Maria: la mamma ha abbandonato lei e il padre dopo il parto. Una mamma argentina che ha combattuto contro il regime militare, è stata in prigione, e che, nel suo asimmetrico percorso tra l’Argentina e l’Italia, ha abbandonato uno alla volta tutti gli affetti, tradito tutti, è rimasta sola. Un filo che lei non conosce, la lega alla nipotina che porta il suo stesso nome: Ines.
E poi Teresa con la sua sofferenza sentimentale: un uomo che dopo il matrimonio, la lascia per una crisi profonda in cui scopre la sua identità omosessuale. Teresa non si forma, perciò, al contrario di Maria, una famiglia, ma il legame con Maria e i suoi amici ciellini è più forte dei legami familiari.
E qui è il punto: la storia di queste persone è trascinata dalla fine degli anni ’70 dentro una storia romana molto particolare, le vicende del gruppo di Cl romano e del suo leader, intrecciate con la politica e gli affari. Il romanzo è pieno di dialoghi e di riflessioni dell’autrice su questa vicenda. Altri hanno commentato politicamente e giornalisticamente questa storia. Qui emerge l’opposizione tra l’ideologia (cattolica) e la grazia della fede, e il finale mostra il concretizzarsi di un tenero perdono, che attualizza la celebre intuizione di Don Giussani, “ispiratore” della comunità di Comunione e Liberazione, parole che dicono che la misericordia “resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia”.

Un testo molto al femminile, dove sono le donne ad andare sempre al cuore delle vicende, mentre gli uomini rimangono abbarbicati sulle loro posizioni, una narrativa volta più verso la ricostruzione storica e soprattutto i confronti ideologici che verso la narrazione pura, con una linguaggio un po’ letterario e distante, soprattutto nei dialoghi, dall’uso corrente, ma che scorre agevolmente e con rapidità.
